Cronaca della Gran Fondo “Scott” di Piacenza
Mattino fresco, sono le 6.00, mi sto preparando per partire...
controllo tutto nei minimi particolari, c'è tutto, sono pronto e carico,
voglio fare una bella gara, secondo le mie possibilità, ma voglio
impegnarmi... Ritiro pacco gara... mancano gadgets che altri hanno,
vabbè, poca importanza...Non faccio in tempo a dare peso alla cosa e
siamo già in griglia ad attendere la
partenza... Via! Il ritmo, come temevo, è sostenuto... sulla tangenziale
di Piacenza vedo di sfuggita, durante l'inseguimento ai miei compagni i
58 km/h (!) si, c'è una piccola discesa e il 50/12 è davvero troppo
corto... passiamo Besurica, Settima... gente a bordo strada che che
batte le mani... per me c'è solo la strada e non perdere la ruota di
quello davanti, per me c'è solo la lotta (impari!) con il Moloch della
strada che, non appena ti distrai un attimo mette davanti una salitella
o un cavalcavia per farti perdere il ritmo... su un rapporto... piccola
buca oh cazz! Mi è caduta la catena! Armeggio con le leve e mi sposto a
bordo strada, la catena non sale, non sale! Mi devo fermare... sistemo
il tutto, riparto trafelato, mi avranno passato trecento corridori e,
soprattutto, il mio gruppo è uno sbiadito puntino arancione all'
orizzonte... mi passano Giuseppe, Maurizio e Mauro, fermatisi poco prima
per un guasto (riparato) alla gloriosa Legnano di Giuseppe... prime
salite, non difficili, messe lì giusto giusto per allungare il gruppo...
la trasmissione non ne vuole sapere di funzionare, quando uso la 34 la
catena salta e mi impedisce di spingere sui pedali... va da sé che non
posso andare su con il 50/27 (!!!!), mi sembra un paradosso della
tecnica ciclistica... Mi accontento e piano piano arrivo alla prima
vetta... Mi butto in discesa, tocco senza problemi e senza scompormi i
70 km/h, sorpasso almeno cento corridori che precedentemente mi avevano
passato... siamo a Rivergaro, la strada è in pianura, leggera salita
forse... mi metto alla testa di un gruppo a 40 all'ora, un paio di
chilometri, il ponte sulla Trebbia e il “su e giù” per Travo... qui mi
trovo a pedalare scomodo, non so cosa sia capitato, ho un dolore
lancinante all'inguine... non posso fermarmi, aspetto il ristoro, lì, 4
o 5 chilometri... non ce la faccio più, ecco Travo... Mi fermo,
controllo... la sella! Maledetta! Si è allentato (non so come sia
successo, l'ho capito dopo!) il bullone ed è scivolata tutta indietro,
provocando una pedalata scomposta... Sistemo il tutto, sono incazzato
nero, mi alzo sui pedali, passo il ristoro senza fermarmi... mamma mia
che asfalto infame... eppure sembra bello liscio... ho forato! Ora
piango, lo so, sono troppo sensibile... piango... Mi sorpassano altri
cinquanta corridori e fra loro Massimo e Francesca che si premurano di
chiedermi cosa stia succedendo... “Mi ritiro!” dico loro, “Torno
indietro”. Smonto la ruota, cambio la camera d'aria ma... non ne vuole
sapere di gonfiarsi... riprovo e i corridori passano, il tempo passa, un
campanile batte le ore... si ferma un auto dell'assistenza... Mosso a
pietà l'addetto prova a gonfiarmi la ruota... la valvola è rotta... su
allora la camera d'aria forata... me la gonfia con una bomboletta di
schiuma tappa fori... Funziona. Non funziona la trasmissione e mi cucco
la Pietra e la Caldarola con la corona da 50... i corridori mi
sorpassano, tanti, tantissimi... appena sotto ad una frazione, un
bell'imbusto, furbo come una volpe mi “consiglia” canzonando un poco di
usare la corona da 34... non faccio in tempo a sradicare un cartello
stradale per pestargliero sulla schiena che un canadese sbanfante come
una locomotiva a vapore mi urta da dietro e cade... “I'm sorry, sorry”
(sono dispiaciuto, scusa) mi dice... “Sorry un par di balle... ma sa
set, intardet?”(scusa un accidente, sei per caso mentalmente infermo?)
mi guarda e non capisce ma sgrana gli occhi vedendo che mi avvicino...
gli sorrido e lo aiuto a rialzarsi, una pacca sulla spalla, un'occhiata
al rapporto da me spinto e: “You are a very strong man!” (sei davvero un
uomo forte) “lasa perd, che incò l'è no giurnà par schersà” (per
cortesia non girare il coltello nella piaga). Riparto, la Caldarola è
lì, scanso il tappetino prendi-tempi, raggiungo il passo e ora giù in
discesa... ora i rapporti vanno bene, scendo però cauto, una breve sosta
a Montecanino al ristoro (ho finito acqua) e giù verso la pianura...
Sfreccio sul falso piano in solitaria a oltre 50km/h, Agazzano, passo
rotonde con traiettorie pennellate e perfette, un carabiniere addetto al
servizio di sicurezza mi batte le mani, tre ragazze incitano urlando
come se le stessero scannando: “dai, daiiiii, forza!!” Sorpasso
gruppetti... il cervello è spento, le gambe vanno come i pistoni di una
Ducati lanciata a 200 all' ora, le ruote cantano sull'asfalto... da
qualche chilometro ho un ciclista incollato dietro, me ne accorgo perchè
continua ad armeggiare con i rapporti... mi allargo per chiedere il
cambio, questo non si scolla... gli faccio cenno con la mano, nulla...
ah sì? Appena fuori Gazzola incontriamo una salitella e un “su e
giù”... per far si che la lezione sia completa “butto giù un rapporto”
mi metto in piedi sui pedali e scatto in salita... l'inseguitore diventa
in breve un ricordo che si confonde nelle turbolenze dell'asfalto
caldo... La stanchezza si fa avanti però.. raggiungo un gruppo e mi
accodo... la velocità di crociera è circa 40 ma non si disdegnano
puntatine a 45/47... pianura, il treno va, va veramente forte... se
dovessi perdere la ruota di quello davanti sarebbe finita... mi butto
fuori, passo tutti e mi metto a “tirare” il gruppo... mantenendo la
velocità, ma evitando gli allunghi... Piacenza km 6... e l'asfalto
corre, il gruppo si allunga, si formano buchi e gruppetti
separati...Arriviamo in tangenziale, una bella discesa, tiro un po'
seguito da altri tre, il gruppo grosso si è oramai sgranato da tempo,
con premura ci diamo il cambio ogni chilometro esatto, non c'è bisogno
né di dirlo né di allargarsi per lasciare strada... Ultimo chilometro,
procediamo sostenuti, senza scattare, passiamo il traguardo
all'unisono... “Grazie”, “Ciao”, “Ci vediamo”... e mi dirigo verso
l'auto... faccio in tempo ad accorgermi di avere perso anche il buono
per il pasto (i colleghi del Team si sono premurati immediatamente di
dividere il loro, grandi) e già la strada scorre di nuovo, questa volta
sotto le ruote della Fiat Bravo, in direzione casa.
Lele
Ho già manifestato il mio apprezzamento al tuo scritto sul solito social network, ma mi piace rinnovarlo direttamente sul tuo blog. Bel racconto scritto in maniera profonda e personale e non ultima ottima prestazione sportiva!
RispondiEliminaGrazie Silvano!!!
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