L'ultima Sera
E' l'ultima
sera. Mia madre ha cucinato il pollo in casseruola nel forno della
stufa e quelle patate rotonde e piccole, sode come sassi e saporite
da leccarsi i baffi. L'ultimo tramonto sta passando sui monti più
alti illuminando le rocce e i boschi oramai familiari che mi hanno
chiuso l'orizzonte per i giorni oramai passati. Una bottiglia di vino
aperta, qualcuno ne berrà un bicchiere e basta, mio padre vicino
alla stufa scruta di sottecchi il telegiornale e chiacchiera con mia
madre. Mio fratello, sdraiato sul divano rilegge per l'ennesima volta
un fumetto che avrà dieci anni.... Guardo tutto questo, mi stringe
un po' il cuore. Mi fa un po' male andare via eppure... Si cena
velocemente, parlando dei giorni trascorsi e del domani. Domani
saranno finite le ferie dei miei genitori, domani saranno finite
anche le mie, domani ritorneremo in pianura, domani saluterò Vico.
Mi sistemo
come se nulla fosse, magari ho esagerato con il gel e il profumo,
saluto velocemente i miei ed esco... nel carrugio sento oramai
lontane le raccomandazioni non molto imperative di tornare presto...
sono solo per il paese, tutti stanno ancora cenando. Salgo “Pu
Regaggiu”, in cima al paese... il Cuniello, la stalla di
Piero,ah, che profumo di latte e fieno!, la fontana di Mesugiorti,
la salita... le fagiolane, le zucchine, i pali di legno dei
recinti...sono in cima... il fossato quasi in secca, solo un
rigagnolo dal tubo schiocca sui sassi del greto con ritmo triste ed
uguale... scendo Pa Costa, e
lo sguardo vola per i monti, per i boschi e con lo sguardo vola anche
il pensiero e suoni e rumori mi prendono in uno stato di estasi...
Cammino per i sentieri sui monti, ricordo il pianoro sommitale del
Maggiorasca, vedo il Penna, l'Aiona, vedo Torrio e il Crociglia...,
Ascona, già, chissà come sarà Ascona? Sembra un presepe con tutto
il verde intorno e la capanna proprio nel mezzo... Un roveto di rose
canine mi passa di fianco: sono Pa Costa.
Mi
fermo davanti alla Madonnina “ANNO MARIANO 1955”. Mi siedo sul
guard rail. Respiro il fresco e la quiete, il sole arrossa a
occidente gli ultimi custi dell'
Oramara, una leggera brezza mi solletica il viso... la stagione
sfiorisce, i giorni si sono accorciati sensibilmente. Domani a
quest'ora sarò a Torre d'Arese, andarsene è una pena, una pena
infinita.
Qualcosa
si muove in piazza, qualcuno scende dalla Chiesa e svolta verso il
basso... è ora di muoversi.
Cammino
verso il paese, facendo il meno rumore possibile, le case della
Costa, la casa di
Berto, la casa di
Paolin. Agnese
stà sparecchiando la tavola, sento rumore di piatti e bicchieri e
poi i rintocchi delle otto. La piazza, il triangolo, le
saracinesche del bar di Pietro...
chiudo gli occhi e sento in bocca il sapore remoto della Coppa
d'Oro Sammontana... Scendo verso
il Salone, sono
triste, è l'ultima sera, devo divertirmi, fino all'ultima goccia...
il campo da bocce, qualche ciuffo d'erba ha già invaso il terreno di
gioco, guardo in alto, le stelle mute ed immobili, l'Orsa Maggiore
proprio sopra la strada per la Cappelletta... svolto
per il Salone, le mani
in tasca, c'è fresco. Qualcuno mi ha preceduto, il juke-box sta già
sibilando con “Scozia”,
due bambinetti si cimentano senza successo in una partita a
ping-pong, qualcuno contro un pilastro della pergola guarda verso la
Valle... stesso destino per tutti.
Non
ho voglia di bere... Andiamo alla Cappelletta,
la Luna non è ancora sorta... sembra di poter toccare le stelle
“L'ho vista!” sento nella mente ricordandomi della notte di
S.Lorenzo quando tutti sdraiati sul piazzale eravamo a caccia di
stelle cadenti... non ce la faccio, mi ritiro un po' in disparte,
vorrei piangere. Ah! I ricordi... anche se vicini son proprio
pugnalate... Si chiacchiera, si fuma una sigaretta, due, mezzo
pacchetto, qualche previdente ha messo mano al giubbotto e apre un
pacchetto di patatine, qualcun' altro delle arachidi, una lattina di
Fanta... si fa tardi.
Dal Salone affievolite arrivano le voci di qualcuno che saluta “ci
vediamo presto eh!”... Mi
alzo, ci alziamo... verso il paese, verso il triangolo...
ora fa davvero freddo e c'è un
buio dannato, qualcuno ha “spento” il lampione, Paola (credo) mi
da “braccetto”. “Bella estate”, “si”,
“bellissima”, “alla Madonna venite su”, “si”, “certo”.
Passano alcuni minuti fra parole
di fretta, sorrisi malinconici, una sigaretta...
“Io
vado”, “anch'io”, “buona notte”, “buona”.
Mi trascino solo fino a casa, ora è finita davvero. Mi ricordo,ero
bambino di quando finivano le vacanze scolastiche ... avevamo il
“libro delle vacanze”, uno in particolare aveva disegnato il mare
con una barca a vela e il sole... anche su quella copertina le ferie
stavano finendo, si intitolava “Orizzonte sereno”
macchè sereno... dovevo fare
ancora tutti i compiti... Sorrido all' idea ed apro la porta di casa.
Il tavolo è ingombro di chiavi, occhiali, carte, non si deve
dimenticare qualcosa... i miei familiari dormono già... silenzio e
un barlume rosso di brace dalle feritoie della stufa... Mi sdraio sul
divano e mi addormento...
E'mattina,
domenica. Mia madre ha già preparato i bagagli, ieri ha comprato la
focaccia e un po' di prosciutto in modo da non dover cucinare...
aiuto mio padre a “portare giù” le cose non più necessarie, le
valigie, la cassetta “dei ferri”, altre scatole delle quali
ignoro il contenuto...
C'è
il sole, è una splendida giornata di fine estate, qualche nuvola fa
capolino dall'Alta Valle, qualche automobile è in transito sulla
strada statale.
Le
campane suonano è ora di andare a Messa... cammino con Gigi e ci
sediamo “fuori”, di fianco alla Chiesa e lì incontriamo
Fabrizio, Igor, Matteo, Tony e altri... parlano a bassa voce...
qualcuno si è acceso, non curante, una sigaretta
La
celebrazione finisce, c'è tempo per un ultimo gotto all'
Osteria, dalla Michina... Voglio andarmene, devo, non voglio
salutare... è tutto veramente troppo...
Pranziamo,
aiuto a chiudere la casa, una mosca continua a cozzare contro i
vetri chiusi, la bottiglia di vino tappata alla meglio rimane a metà
di fianco al frigorifero... mi viene in mente una poesia di Neruda e
un nodo mi stringe...
Mio
padre ci aspetta giù dallo “scalone”, un saluto veloce agli zii,
ancora a pranzo, e poi giù... un timido colpo di clacson, come
saluto alle pietre delle case, ai carrugi, alla Chiesa, a qualcuno
ancora per strada, alla strada per la Cappe,
al Salone... Vicomezzano,
un cane macilento trotta a bordo strada, Alpepiana, Lagin,
il Ponte sull' Aveto. Guardo su,
vedo la Costa, le tre
case della Costa, e
poi tutti il Paese, con il campanile e il candore delle case nel sole
del mezzogiorno appena passato... Chiudo gli occhi, rivedo la mia
vita, rivedo Pescin, Pianseiun, Campori, Saruggia, rivedo
i miei amici, rivedo la gente di Vicosoprano, rivedo le lapidi del
Cimitero... Guardo ancora su, il paese sta scomparendo dietro il
fianco del monte, qualche decina di metri, mi volto, guardo mio padre
alla guida, gli occhiali da sole e la sigaretta, la Tipo
scivola leggera per la Val d'Aveto, lontano da Vico, adesso realmente
in maniera definitiva. Ciao...
Era
la fine estate del millenovecentonovantotto, per mio padre l'ultima
vacanza a Vico... quanto tempo è passato? Quante cose sono successe?
Qualche anno fa ci ha lasciato anche Gigi, troppo presto...
Rileggo
queste righe, ripenso a tante cose, rivedo la Tipo che arranca per la
salita dopo la casa di Adreveno, passa il cartello di Vicosoprano, e
mio padre che dice “eccoci arrivati!” e un sorriso sul suo viso e
sul viso di mia madre e di noi due ragazzi...
Sono
sposato, e ho due bellissimi bambini, Riccardo e Viola, auguro loro
di vivere Vico come l'ho vissuto io, di vivere il presente con
serenità e di serbare nel cuore le cose belle che difficilmente
ritorneranno e che sono di aiuto nei momenti bui.
Lele
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